Sportello linguistico del comune di Viu' (TO)
 
Francoprovenzale? Ma che razza di nome è?
 
 
Il francoprovenzale fa parte, accanto al francese e al provenzale (i dialetti occitanici della Francia meridiane), delle lingue galloromanze; in base alle sue caratteristiche fonetiche, che echeggiano sotto molti aspetti il francese antico, oggi viene definito (Pierre Bec 1971) quale area marginale e conservatrice del galloromanzo francese, seppur, (come fanno notare Gaston Tuaillon prima -1972- e Heinrich Schmid poi -1988)con innovazioni proprie assenti nel francese.
Ma per quale ragione questa lingua è chiamata “francoprovenzale”? Deve il suo nome al suo scopritore Graziadio Isaia Ascoli (G. I. Ascoli, “Schizzi franco-provenzali”) ed è costituito dall’insieme dei dialetti galloromanzi parlati nei distretti francesi disposti a raggiera intorno a Lione, nella Savoia e nella Svizzera francese. Al di qua delle Alpi l’insieme dei patois parlati nella media e bassa Val di Susa, in Val Sangone, Val Cenischia, nelle tre Valli di Lanzo (Val di Viù, Val Grande e Val d’Ala), in Val d’Orco, Val Soana e nelle Valli d’Aosta (ad esclusione della media e alta Valle del Lys che è di parlata alemannica).
Dalle ricerche svolte dall’Università di Torino, si può calcolare sopra a 100.000 il totale dei parlanti patois francoprovenzali nell’intera area (all’incirca la metà della popolazione), ma occorre ricordare che nella bassa valle di Susa e in parte nelle nostre valli di Lanzo, così come nella val Orco (specie in bassa valle) tali parlate si trovano in uno stadio avanzato di piemontesizzazione.
In ogni caso, anche in queste valli è riscontrabile un plurilinguismo diffuso, con parlata locale, piemontese, italiano e francese ( in Valle d’Aosta), per lo più utilizzato in modo funzionalmente differenziato.
Nella provincia di Torino, a differenza della Valle d’Aosta, sono riconoscibili due diversi repertori linguistici: a livello alto si trova l’italiano a livello basso i patois francoprovenzali e il dialetto piemontese. Per quanto riguarda il piemontese, in queste valli, il suo uso è bilinguisticamente alternativo all’uso del patois.
E’ importante rilevare, per quanto riguarda i patois francoprovenzali, l’assenza totale di qualsiasi forma di koinè o di standardizzazione, nonché di riferimento ad una lingua tetto. Avviene così che le parlate locali assumono ormai una funzione di sudditanza diglossica rispetto all’italiano, oggi sola e incontrastata lingua di cultura e di comunicazione, anche intervalliva, di quest’area.
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